Responsabilità del Commercialista (Cassazione civile n.13007/2016)

Il Commercialista, quale Professionista incaricato di una consulenza, ha l’obbligo a norma dell’art. 1176 c.2 cc -diligenza nell’adempimento- non solo di fornire tutte le informazioni che siano di utilità per il cliente e rientrino nell’ambito della sua competenza, ma anche, tenuto conto della portata dell’incarico conferito, di individuare le questioni che esulino dalla stessa, informando il cliente dei limiti della propria competenza e fornendogli gli elementi necessari per assumere le proprie autonome determinazioni, eventualmente rivolgendosi ad altro Professionista indicato come competente (Cassazione civile n.13007/2016).

La Cassazione si è pronunciata in tal senso in merito alla responsabilità di un Commercialista, incaricato di fornire una consulenza relativa ad un ricorso avanti alla Commissione tributaria regionale.

Il Professionista non aveva informato il cliente della possibilità di ricorrere per Cassazione contro la sentenza sfavorevole, omettendo di fornire indicazione su tale possibilità e sulla necessità di rivolgersi ad un avvocato al fine di proporre tempestivamente l’impugnazione.

Trattasi di una valutazione rigorosa degli obblighi del Professionista, riconosciuto responsabile non solo per ciò che attiene specificamente la sua competenza, ma anche per questioni proprie di altre professioni. Di fatto al Professionista viene richiesta una competenza più ampia della propria sfera d’azione, tale da comportare profili di responsabilità anche per aver omesso di suggerire al cliente altre possibili soluzioni non praticabili direttamente, ma solo con l’ausilio di professionisti di altre materie. Evidentemente il parametro di riferimento utilizzato dalla Corte è quello del livello medio di competenza propria che il Professionista svolge, che nella fattispecie è stato valutato tale per cui lo stesso avrebbe certamente dovuto indicare al cliente la necessità di rivolgersi ad un professionista di altro settore, in particolare ad un avvocato.

Va in ogni caso rilevato che la riconosciuta responsabilità in capo al Professionista Commercialista origina dalla circostanza che questi aveva assunto l’incarico di una consulenza relativa ad una questione giuridica, che non poteva trattare senza l’ausilio di altri professionisti, per cui ciò che in primo luogo si chiede al Professionista è di specificare al cliente i confini della propria attività professionale.

Violazione del diritto d’Autore – danno in re ipsa (Cassazione civile n.12954/2016)

In tema di diritto d’autore, la Cassazione (Sent. 12954/2016) ha ritenuto che la violazione di un diritto d’esclusiva, che spetta all’autore ai sensi dell’art. 12 della legge 22 aprile 1941 n. 633 (Legge sul diritto d’Autore), costituisce danno in re ipsa, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, senza che incomba al danneggiato altra prova che non quella della sua estensione.

Il caso riguardava la diffusione di un brano musicale come sigla delle partite di calcio della Nazionale, trasmesse dalla televisione tra il 1999 e il 2002.
Posto che la melodia in questione non aveva certamente propiziato buona sorte sportiva, per ciò che attiene al diritto la questione è stata affrontata dalla Cassazione col riconoscimento delle ragioni della società editrice e titolare dei diritti, che aveva concesso l’utilizzo per un determinato lasso temporale esauritosi. Successivamente il brano era stato utilizzato, sempre come copertina per le partite della Nazionale di calcio, senza alcun accordo con la casa editrice. Sebbene la società titolare dei diritti non aveva chiesto alcun corrispettivo e aveva contestato l’utilizzazione illegittima dell’opera solo quando essa era cessata, non è stato riconosciuto un tacito consenso all’utilizzo.

La pronuncia conferma un orientamento più volte affermato in tempi recenti dalla Cassazione: la violazione di un diritto di esclusiva che spetta all’autore, ai sensi della L. n. 633 del 1941, art. 12, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, costituisce danno in re ipsa (Cass. n. 9854/2012, n. 8730/2011, n. 3672/2001).

Privacy / tutela immagine della Persona

Il controllo mediante un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale costituisce trattamento di dati personali e deve formare oggetto dell’informativa di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, rivolta ai soggetti che accedono al locale.

(Cassazione Civile Sez.II n.17440/2015)

 

Sono tutelati dal Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003) i dati personali identificativi della persona, ovvero quelli che ne permettono l’identificazione diretta (come i dati anagrafici e le immagini), ed i dati sensibili, ovvero quelli che possono riguardare aspetti della personalità dell’individuo (esempio origine razziale, convinzioni religiose, stato di salute).

Certamente il dato identificativo principale di una persona è costituito dall’immagine.

La Cassazione, intervenuta sul ricorso dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali contro la sentenza che aveva accolto l’opposizione di un titolare di un esercizio commerciale alla sanzione amministrativa per omessa informativa privacy di segnalazione di una telecamera, ha confermato che non si può dubitare che l’immagine costituisca dato personale in quanto dato idoneo a identificare una persona. La pronuncia richiama un recente orientamento della stessa Corte (Cassazione Civile n.14346/2012).

Il trattamento delle immagini deve essere oggetto di apposita informativa ai sensi del D.Lgs. n.196 del 2003.

Le aziende non possono quindi installare telecamere senza informare gli interessati che accedono ad una zona videosorvegliata.

L’informativa, che deve essere collocata in modo da essere chiaramente visibile, deve prevedere gli elementi previsti dal Codice Privacy (art.13) anche espressi in forma sintetica e semplificata, specificando se le immagini sono solo visionate od anche videoregistrate.